Un esasperato uso del virtuale
L’era del Covid 19 ha, come è ovvio, noto e probabilmente giusto, costretto (oltre ad altre decine se non centinaia variazioni delle abitudini) a rigide regole di distanziamento sociale.
Questo ha generato anche imponenti cambiamenti nella gestione dell’evento promozionale, della diretta e dell’emissione televisiva, dello spettacolo in genere.
Purtroppo i mezzi tecnologici a disposizione (connessione e diffusione attraverso i social, Skype e le decine di altre piattaforme atte allo scopo) non hanno ancora ottenuto risultati idonei a garantire un livello di qualità della comunicazione che consenta (anche probabilmente per l’assenza dell’empatico effetto generato dal pubblico, quasi sempre assente) di mantenere il necessario grado d’attenzione e il piacere per l’intrattenimento.
Riteniamo purtroppo che in questa fase storica non esistano alternative.
Non possiamo però far a meno di augurarci:
- che il periodo Covid 19 abbia presto una sua naturale e definitiva fine
- e soprattutto che, una volta finita la pandemia, i media e gli organizzatori di eventi non abbiamo acquisito (come in alcuni casi ci appare) l’abitudine al virtuale. Una attitudine imposta dagli eventi ma che ha generato anche la “malsana” scoperta di una maggiore comodità logistica ed organizzativa, meno lavoro in assoluto e costi in conseguenza ridotti. Con risultati però devastanti sulla qualità in generale che toglie, in particolar modo al mezzo televisivo, molto del bello e del magnetismo comunicativo
“Robe così. Se non altro, si sono viste nella piccola finestra di Instagram le moto, anche se per la MotoGP è stata inquadrata esclusivamente
- o quasi - quella di Marini. Inconcepibile: a mio modo di vedere, piuttosto che farla così, era meglio non farla.
Ma io appartengo a un’altra generazione.”
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